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dai GIORNALI di OGGIFranceschini visita due dei cinque eritrei sopravvissuti: "vergogna" Lampedusa, soccorso un altro gommone "A bordo c'erano salvagenti maltesi" È stato scortato nelle acque italiane da un pattugliatore della Marina militare maltese: a bordo 57 persone Pd: "Il governo riferisca". Il Pdl: "Accertare la verità" Lampedusa, sbarcano cinque eritrei: "Eravamo in 80, gli altri sono morti" Sarebbero rimasti in mare 23 giorni su un gommone dopo la partenza dalle coste nordafricane 2009-08-25 |
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per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.corriere.it2009-08-26 Monito della Padania al Vaticano Lega: "Pronti a rivedere il Concordato" Se continueranno le ingerenza delle gerarchie ecclesiastiche possibile una revisione dei Patti Lateranensi ROMA - Basta accuse al Carroccio dal Vaticano o a tornare in discussione saranno i Trattati lateranensi che regolano, per Costituzione, i rapporti fra Italia e Vaticano. L'avvertimento arriva dalla "Padania", quotidiano del partito di Umberto Bossi, con una riflessione in prima pagina sui rapporti fra Italia e Chiesa cattolica dal titolo "Strane ingerenze ideologiche in uno Stato laico". L’articolo della "Padania" definisce le parole di mons. Vegliò all’indirizzo del ministro leghista Calderoli come "l’ultimo episodio di una lunga serie di ingerenze ideologiche e squisitamente politiche da parte di uomini delle gerarchie ecclesiastiche nelle faccende di uno Stato che, fino a prova contraria, è laico". IL MONITO - "Se i rapporti fra lo Stato e la Chiesa andranno avanti lungo questa deriva, ossia le gerarchie ecclesiastiche proseguiranno in questa politica marcatamente interventista nei confronti delle decisioni e degli orientamenti della politica e delle istituzioni al di là di ogni ragionevole confine di neutralità delle rispettive sfere di intervento - avverte l’articolo della "Padania" a firma Stefano B.Galli - bisognerà inserire nell’agenda delle riforme anche una revisione di Concordato e Patti Lateranensi. Non ci pare il caso". 26 agosto 2009
2009-08-25 Franceschini visita due dei cinque eritrei sopravvissuti: "vergogna" Lampedusa, soccorso un altro gommone "A bordo c'erano salvagenti maltesi" È stato scortato nelle acque italiane da un pattugliatore della Marina militare maltese: a bordo 57 persone NOTIZIE CORRELATE "Donne incinte sul barcone. Le ho viste abortire e morire" (24 agosto 2009) Tragedia in mare, scontro Bossi-Vaticano. Gli eritrei potrebbero essere incriminati (22 agosto 2009) Lampedusa, sbarcano cinque eritrei: "Eravamo in 80, gli altri sono morti" (20 agosto 2009) AGRIGENTO - Un gommone con 57 migranti a bordo è stato soccorso all'alba da un pattugliatore della Guardia di Finanza a circa 10 miglia a sud di Lampedusa. SCORTATO IN ACQUE ITALIANE - I migranti sono in gran parte eritrei, tra loro ci sono quattro donne; tutti sono già stati trasbordati sul pattugliatore d'altura G100 "Lippi" della Guardia di Finanza e sulla motovedetta CP40 della Guardia Costiera. Tranne uno di loro, che su indicazione dei medici è stato trasferito a Lampedusa, sono tutti in discrete condizioni di salute. Le due unità stanno adesso facendo rotta verso Porto Empedocle, dove saranno sbarcati. La vicenda presenta molte analogie con quella dei cinque eritrei soccorsi cinque giorni fa dalla Guardia di Finanza al largo di Lampedusa. SALVAGENTI MALTESI A BORDO - Anche in questo caso sono state le autorità maltesi a segnalare il gommone, scortato fino al limite della acque territoriali italiane dal pattugliatore P51 della Marina militare dell'isola-Stato. Le operazioni di soccorso da parte delle motovedette italiane sono state perfino filmate dai maltesi e anche la presenza dell'unità della Valletta è stata documentata dalla Guardia di Finanza con alcune riprese video. Sul gommone gli investigatori hanno trovato alcuni giubbotti di salvataggio in uso alla Marina Militare maltese, ma il portavoce delle forze armate dell'isola, Ivan Consiglio, non ha voluto rilasciare alcuna dichiarazione circa il ruolo di Malta nell'operazione. FRANCESCHINI: "VERGOGNA" - In mattinata il segretario del Pd Dario Franceschini ha visitato all’ospedale Vincenzo Cervello di Palermo due dei cinque eritrei sopravvissuti alla tragedia nel Canale di Sicilia, in cui potrebbero essere morte 73 persone. "Quello che sta accadendo in questi giorni è una vergogna indegna della cultura giuridica e civile per tanti anni riconosciuta all'Italia da tutto il mondo" ha detto Franceschini, invitando "i ministri e i dirigenti politici della destra che, anche in maniera arrogante sono tanto orgogliosi dei risultati del governo, a vedere, come ho fatto io gli occhi e lo sguardo della ragazza che ha attraversato il mare per sfuggire alla guerra e alla devastazione". 25 agosto 2009
In ospedale Una dei cinque eritrei scampata al mare "Donne incinte sul barcone Le ho viste abortire e morire" Titi la sopravvissuta racconta Titi, la sopravvissuta Titi, la sopravvissuta PALERMO — "A bordo c’erano anche tre donne incinte. Due di loro prima di morire hanno perduto il bambino che portavano in grembo, hanno abortito per la fame, la sete e la sofferenza di un viaggio terrificante durato 21 giorni". Parla un inglese stentato Titi Tazrar, 27 anni, eritrea, unica donna sopravvissuta alla tragedia nel Canale di Sicilia. Ma lo strazio di quelle compagne di viaggio che coltivavano la speranza di una vita migliore soprattutto per le creature che portavano in grembo lo racconta anche a gesti. Alza a fatica la testa dal cuscino e muove le mani dall’alto in basso, sfiorandosi il ventre come a dar forma all’orrore di quei feti che vengono via dall’utero materno. Un gesto che fa calare il silenzio tra medici e infermieri dell’ospedale Cervello di Palermo dove ieri è arrivata in elicottero assieme a un altro connazionale di 24 anni, Halligam Tissfaraly, che se ne sta raggomitolato tenendosi il braccio teso alla flebo. Anche Titi è visibilmente provata, ma sgrana gli occhi e quasi si dispera quando non riesce a farsi capire. "A bordo non avevamo praticamente nulla — racconta — solo qualche bottiglia d’acqua, pochissimo cibo e neanche un telefono per lanciare l’allarme. Alla partenza eravamo 78, in gran parte eritrei ma anche etiopi e nigeriani. Di alcuni ci accorgevamo che erano morti perché durante la notte cadevano direttamente in mare, altri li abbiamo dovuti abbandonare noi. Le donne incinte sono quelle che più hanno sofferto, noi non sapevamo come assisterle e consolarle. Ma poco dopo aver perso il bambino sono morte anche loro". E poi dà la sua versione sulla controversa questione dei soccorsi maltesi. "Ci hanno dato cibo, acqua e della benzina ma ci hanno lasciati in mare. Anche un’altra imbarcazione si è accostata per darci cibo e acqua. Nessuno però ci ha preso a bordo". Si fa evasiva di fronte alla domanda diretta se sono stati loro a rifiutare il trasbordo sulle imbarcazioni che hanno fornito i viveri. Insiste: "Ci hanno dato solo acqua e cibo, mentre altre navi non si sono neppure avvicinate. Noi ci sbracciavamo, gridavamo, chiedevamo aiuto ma loro facevano finta di non vederci". Per Titi il trasferimento in ospedale si è reso necessario per le sue precarie condizioni di salute ("si riprenderà presto" assicurano i medici). Dietro la sua attuale fragilità si intravede un’abitudine alla sofferenza che è stata determinante per resistere 21 giorni in balia del mare. Forse quel che resta della vita militare a cui era destinata. In Eritrea frequentava quella che lei chiama "accademia militare " e che forse è proprio la durissima "Sawa" dove le donne subiscono ogni tipo di violenza. "Era una vita che non mi piaceva — si limita a dire lei — volevo e voglio una vita diversa ". Titi non è sposata e non ha figli. Nel suo Paese ha lasciato la madre, un fratello e una sorella che lavorano in un’azienda agricola e dice di non aver pagato nulla per il viaggio: "A pagare per me è stato mio zio materno, ma non so quanto abbia versato ". Sa benissimo invece quanto ha dovuto penare prima di arrivare al tanto atteso viaggio della speranza in Italia: "Un anno e otto mesi ho dovuto aspettare prima dell’imbarco— racconta — restando a lungo in Sudan e poi diversi mesi in Libia". Non parla o preferisce tenerle per sé storie di violenze in Eritrea e durante il cammino verso l’Italia, ma illumina la stanza col suo gran sorriso quando si accenna al futuro: "Ho chiesto asilo politico — scandisce— sono partita perché volevo venire in Italia. Non in Germania o Francia ma in Italia. Voglio restare qui. Sono disposta a fare qualunque tipo di lavoro ma voglio finalmente una vita migliore ". Alfio Sciacca 24 agosto 2009
la replica alle accuse del titolare della farnesina L'Ue a Frattini: stiamo facendo molto Indagati i cinque eritrei superstiti La Commissione: "Creare strumenti per fermare le tragedie". Indagati i sopravvissuti all'ultima sciagura BRUXELLES - Sono stati iscritti nel registro degli indagati, per il reato di immigrazione clandestina, i cinque eritrei soccorsi giovedì a largo di Lampedusa su un gommone alla deriva. I migranti sono gli unici sopravvissuti all'ennesima tragedia del mare in cui avrebbero perso la vita 73 extracomunitari, morti di stenti durante la traversata del Canale di Sicilia. "Si tratta di un atto dovuto", ha sottolineato il procuratore della Repubblica di Agrigento, Renato Di Natale, che sabato scorso aveva annunciato il provvedimento in base alle norme del decreto sicurezza. I migranti avrebbero, però, già manifestato l'intenzione di chiedere l'asilo politico. Nel caso in cui i pm accertassero il diritto allo status di rifugiati l'inchiesta sarebbe archiviata. L'ennesima sciagura nel Canale di Siciluia continua intanto ad essere oggetto di un braccio di ferro tra Roma e Bruxelles. In fatto di immigrazione e sbarchi l'Ue e la commissione europea stanno facendo molto. Ha detto uno dei portavoce della commissione Ue, rispondendo ad una domanda sulla posizione espressa dal ministro degli Esteri, Franco Frattini. "L'Europa parla e non agisce", è stato in sostanza l'attacco del titolare della Farnesina in merito al delicato dossier immigrazione. Il portavoce Dennis Abbott ha sottolineato da parte sua che la commissione sta lavorando molto con gli Stati dell'Unione europea e con i Paesi vicini e che il suo vicepresidente, Jacques Barrot, nei mesi scorsi si è recato a Lampedusa, a Marla, nelle Canarie, in Grecia e si appresta a visitare in autunno la Turchia e la Libia. La questione, ha indicato il portavoce, è quella di mettere in piedi strumenti finanziari politici e diplomatici, "per fermare le tragedie che abbiamo visto la scorsa settimana". "DIVIDERE IL PESO" - Abbott ha poi ricordato che la questione immigrazione è stata discussa recentemente da Barrot con il ministro dell'Interno, Roberto Marroni, e che il vicepresidente della Commissione Ue ha detto già in varie occasioni che è necessario trovare una maniera "per meglio dividere il peso a livello europeo" dell'arrivo degli immigrati clandestini. Il portavoce ha anche segnalato la necessità di dare seguito alle conclusioni del consiglio europeo di giugno nelle quali si afferma "chiaramente" che "la fermezza, la solidarietà e la responsabilità condivisa sono essenziali in un approccio globale" nei confronti dell'immigrazione.
24 agosto 2009(ultima modifica: 25 agosto 2009)
la procura di agrigento procede per omicidio colposo e favoreggiamento Tragedia in mare, scontro Bossi-Vaticano Gli eritrei potrebbero essere incriminati Il Senatùr: parole di poco senso. Santa Sede: rispettare diritti dei migranti, animali domestici trattati meglio NOTIZIE CORRELATE Lampedusa, ricerche in corso. Cei: "Offesa all'umanità" (21 agosto 2009) Lampedusa, sbarcano cinque eritrei: "Eravamo in 80, gli altri sono morti" (20 agosto 2009) Lo sbarco dei superstiti a Porto Empedocle (Ansa) Lo sbarco dei superstiti a Porto Empedocle (Ansa) MILANO - Duro scontro tra Umberto Bossi e il Vaticano dopo l'ennesima tragedia dell'immigrazione nel Canale di Sicilia. La Santa Sede esprime dolore per il continuo ripetersi delle morti in mare e chiede alle società sviluppate di "rispettare sempre i diritti dei migranti, senza chiudersi all'egoismo". Lo ha detto il presidente del Pontificio consiglio della pastorale per i migranti, monsignor Antonio Maria Vegliò, in una intervista pubblicata sul sito di Radio Vaticana. Dal canto suo il leader leghista attacca la Cei (che venerdì aveva parlato di "offesa all'umanità"), dicendo che sono "parole con poco senso". Intanto l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) chiede che sia fatta chiarezza su quanto accaduto nel Mediterraneo. "È importante che non passi il principio dell'impunità, cioè che il Mediterraneo sia diventato una sorta di terra di nessuno" dice la portavoce Laura Boldrini. ANIMALI DOMESTICI - Le società "cosiddette civili", denuncia monsignor Veglio, sono sempre più egoiste, al punto da preferire, in casi estremi, di condividere i propri beni con gli animali domestici piuttosto che con lo straniero. "Ogni migrante è una persona umana che, in quanto tale possiede diritti fondamentali inalienabili che vanno rispettati da tutti e in ogni situazione" prosegue, citando l'enciclica Caritas in Veritate di Benedetto XVI. "I sentimenti di rifiuto dello straniero sono originati - spiega - non solo da una non conoscenza dell'altro, ma anche da un senso di egoismo per cui non si vuole condividere con lo straniero ciò che si ha. E purtroppo i numeri continuano a crescere: secondo le ultime statistiche dal 1988 a oggi il numero di potenziali migranti naufragati o vittime alle frontiere dell'Europa ha contato oltre 14.660 morti". IN FUGA DALLA FAME - Queste tragedie, spiega monsignor Veglio, "colpiscono esseri umani che cercano di raggiungere Paesi o regioni economicamente più sviluppati, per fuggire povertà e fame. Per questo sono pronti a rischiare tutto, anche la loro stessa vita. Si richiede una forte e lungimirante politica di cooperazione internazionale per essere adeguatamente affrontato. Se da una parte è importante sorvegliare tratti di mare e prendere iniziative umanitarie, è legittimo il diritto degli Stati a gestire e regolare le migrazioni. C'è tuttavia un diritto umano ad essere accolti e soccorsi. Ciò si accentua in situazioni di estrema necessità, come per esempio l'essere in balia delle onde del mare". VIOLAZIONE DEI DIRITTI - Monsignor Giuseppe Merisi, presidente della Caritas, vescovo di Lodi e presidente della Commissione episcopale per la carità e la salute sottolinea che bisogna verificare se c'è stata violazione dei diritti umani e accertare le responsabilità. "Se c'è stata questa violazione è un fatto grave" conclude. Il direttore dell'Osservatore Romano, Giovanni Maria Vian, invoca "strategie coordinate tra Ue e Stati africani, non polemiche". "Il primo dovere internazionale è evitare che si ripetano queste tragedie alle quali si sta creando una pericolosa assuefazione", spiega in un'intervista alla Stampa, ricordando che "varie volte Benedetto XVI ha condannato l'ignobile traffico di esseri umani". Durissime le parole di monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo: "Le sparate a salve di Bossi sono solo per i suoi seguaci e non per chi come noi vuole risolvere la situazione e sono talmente gravi al pari dei fatti incresciosi avvenuti al largo del Mediterraneo". "PAROLE CON POCO SENSO" - Umberto Bossi aveva lanciato la sfida attaccando di petto: "Quelle dei vescovi sono parole con poco senso". Il riferimento è alle dichiarazioni della Cei, che ha definito la nuova tragedia del mare nel Canale di Sicilia "un'offesa per l'umanità". "Che le porte le apra il Vaticano che ha il reato di immigrazione; che dia lui il buon esempio - ha aggiunto il leader della Lega -. Partono molto meno di prima ma bisogna riuscire a fermarli, sennò si prosegue con un sacco di morti, con gente che rischia la vita per niente, perché quando arriva qui non ci sono posti di lavoro. Dato che nessuno accoglierà la gente senza controlli bisogna assolutamente fermare le partenze". Anche il ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli ha attaccato i vescovi: "Sento critiche inaccettabili, strumentali e basate su presupposti falsi a proposito del dramma degli eritrei e allora sono obbligato a ricordare che noi, e non altri, abbiamo soccorso i superstiti e salvato vite umane. Con la fermezza, una fermezza preventiva il nostro governo ha già salvato, senza alcun dubbio, centinaia di vite. Ha applicato una fermezza che è profondamente umana". DUE IPOTESI DI REATO - Intanto la Procura di Agrigento ha aperto un'inchiesta con due ipotesi di reato: "Stiamo procedendo per favoreggiamento dell'immigrazione clandestina e omicidio colposo plurimo a carico di ignoti" spiega il procuratore Renato Di Natale. Nell'indagine, condotta dal pm Santo Fornasier, potrebbe entrare anche l'ipotesi di omissione di soccorso, dopo che i cinque eritrei superstiti hanno raccontato di non essere stati tratti in salvo da una motovedetta maltese. L'equipaggio si sarebbe limitato a fornire loro dei salvagenti e il carburante per proseguire verso Lampedusa. UNHCR: "NON INCRIMINARE ERITREI" - L'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) chiede che sia fatta chiarezza su quanto accaduto nel Mediterraneo. L'Onu chiede che la magistratura individui le responsabilità e non le lasci impunite. "Riteniamo -ha affermato la portavoce, Laura Boldrini- che sia necessario far chiarezza sulle responsabilità e ci auguriamo che la magistratura proceda in questo senso. È importante che non passi il principio dell'impunità, cioè che il Mediterraneo sia diventato una sorta di terra di nessuno". Quanto all'eventualità che i cinque sopravvissuti vengano incriminati per immigrazione clandestina, l'Unhcr ricorda che "anche in base alle nuove normative del pacchetto di sicurezza, il reato di clandestinità è sospeso per i richiedenti asilo e normalmente la quasi totalità degli eritrei che arrivano in Italia via mare fa domanda d'asilo". Invece, ha concluso Boldrini, "vista l'esperienza drammatica vissuta dai cinque eritrei sarebbe auspicabile un loro trasferimento in una struttura in cui possa essere fornita assistenza psicologica come avviene per le vittime di disastri naturali". I CINQUE SUPERSTITI - "La Guardia di finanza e la polizia stanno svolgendo una serie di accertamenti, anche sui giubbotti di salvataggio trovati a bordo del gommone - spiega Di Natale -. Si tratta comunque di una vicenda giudiziaria complessa. Dobbiamo anche valutare l'iscrizione nel registro degli indagati dei cinque eritrei: in base alle norme del decreto sulla sicurezza devono infatti rispondere di immigrazione clandestina, anche se sono nelle condizioni di fare richiesta d'asilo perché riconosciuti cittadini bisognosi di protezione". L'Unhcr ricorda però che "anche in base alle nuove normative del pacchetto di sicurezza, il reato di clandestinità è sospeso per i richiedenti asilo e normalmente la quasi totalità degli eritrei che arrivano in Italia via mare fa domanda d'asilo". Il procuratore non esclude poi una formulazione di accusa contro Malta: "Stiamo valutando il racconto dei naufraghi: se dovesse trovare conferma non escludiamo una possibile rogatoria internazionale con Malta per l'ipotesi di omissione di soccorso". CADAVERI ABBANDONATI - Fino a questo momento sono stati ascoltati quattro dei cinque eritrei soccorsi giovedì scorso al largo di Lampedusa. I migranti hanno riferito di essere gli unici superstiti di un gruppo di 78 extracomunitari, partito il 28 luglio dalla Libia. Durante la traversata i loro compagni sarebbero morti di stenti e i cadaveri abbandonati in mare. I superstiti hanno anche sostenuto che una motovedetta maltese avrebbe fornito loro il carburante per proseguire verso Lampedusa, rifiutandosi di soccorrerli. "Il codice di navigazione internazionale - osserva il procuratore - obbliga a prestare soccorso in mare a chiunque si trovi in difficoltà, a prescindere dalla nazionalità. Si tratta comunque di una vicenda complessa, visto che l'episodio è avvenuto in acque di competenza maltese. Teoricamente dovrebbe essere la magistratura di quel Paese a procedere". NOVE CORPI AVVISTATI - Intanto proseguono le ricerche in mare e sono nove i cadaveri avvistati nel Canale di Sicilia dagli aerei maltesi impegnati nella missione "Frontex", il pattugliamento congiunto del Mediterraneo. I corpi, tutti in avanzato stato di decomposizione, potrebbero appartenere ai migranti che erano sul gommone con i cinque eritrei soccorsi al largo di Lampedusa. I maltesi hanno spiegato che non è stato possibile il recupero perché si trovano in acque di competenza libica. I primi quattro cadaveri sono stati individuati martedì, altri tre giovedì sera, quando le autorità della Valletta hanno comunicato ufficialmente a quelle italiane l'avvistamento. L'ottavo avvistamento è stato registrato venerdì pomeriggio, mentre sabato è stato trovato (e recuperato) il nono corpo, in avanzato stato di decomposizione, a sud di Linosa. 22 agosto 2009(ultima modifica: 23 agosto 2009)
Pd: "Il governo riferisca". Il Pdl: "Accertare la verità" Lampedusa, sbarcano cinque eritrei: "Eravamo in 80, gli altri sono morti" Sarebbero rimasti in mare 23 giorni su un gommone dopo la partenza dalle coste nordafricane LAMPEDUSA - Potrebbe essere un'altra tragedia del mare. Più di settanta uomini e donne morti durante un viaggio della speranza. Il racconto dei cinque eritrei che si trovavano su un gommone soccorso dalla Guardia di finanza a dodici miglia da Lampedusa e portati sull'isola è drammatico (anche se ancora da verificare): "Siamo partiti il 28 luglio da Tripoli - hanno raccontato a uno dei mediatori culturali dell'organizzazione Save the children. - Eravamo in 78, per lo più eritrei e solo in minima parte etiopi. Dopo una settimana sono terminati cibo, acqua e benzina, i cellulari erano scarichi. Il gommone è andato alla deriva, spinto dal vento e dalle correnti. Le persone che morivano venivano gettate in mare". "INDIFFERENZA" - Le autorità maltesi negli ultimi giorni hanno recuperato sette cadaveri. Potrebbe trattarsi di persone che si trovavano sul gommone degli eritrei. Oltre a una giovane donna, dice l'organizzazione, tra i sopravvissuti vi sono anche due minorenni. "Durante la traversata - prosegue il racconto - abbiamo incrociato almeno dieci imbarcazioni, alle quali abbiamo chiesto inutilmente aiuto. Solo nei giorni scorsi un pescatore ci ha offerto acqua e cibo". Carlotta Bellini, responsabile protezione di Save the Children Italia, definisce "inaccettabile l'indifferenza crescente nei confronti dei migranti. È fondamentale - aggiunge - che principi quale quello del soccorso a migranti che rischiano la vita, in mare, tornino a essere rispettati. È altrettanto importante che l'Italia e l'Unione Europea adottino adeguate ed efficaci politiche di gestione dei flussi migratori misti, ossia composti da persone con bisogni di protezione differenti. Solo con queste politiche - conclude Bellini - è possibile prevenire queste tragedie". MARONI - Il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, ha chiesto una relazione al prefetto di Agrigento. L'obiettivo, spiega la portavoce di Maroni, Isabella Votino, "è sapere come si sono svolti i fatti, perché la vicenda presenta aspetti da chiarire e la versione fornita dai migranti è da verificare in quanto stanno emergendo elementi che contrastano con quanto riportato dai superstiti. L'unica cosa certa è che grazie all'intervento della Guardia di finanza sono state salvate cinque vite". PD - Il Pd chiede che il governo riferisca alle Camere. "Provo orrore davanti al racconto dei cinque eritrei sopravvissuti al lungo viaggio disperato verso l'Italia - afferma il segretario, Dario Franceschini. - Una nuova terribile strage nei nostri mari. Se, come tutto lascia prevedere, ci sarà la conferma dei 75 annegati, dei venti giorni passati alla deriva nella battutissima e sorvegliatissima zona del canale di Sicilia si porranno terribili domande". "Una cosa - evidenzia Franceschini - è il contrasto all'emigrazione clandestina, tutt'altra è il mancato rispetto dei diritti umani e delle regole internazionali, dell'obbligo al soccorso in mare a chi rischia la morte. Deve far riflettere tutti il richiamo della responsabile italiana dell'Unhcr quando sottolinea come il mancato soccorso dimostri come sia passata l'idea che, per usare le sue parole, 'Chi arriva via mare è un vuoto a perdere'. L'Italia, tutti noi non possiamo girare la testa dall'altra parte davanti a simili tragedie. Il governo deve riferire rapidamente e chiarire in Parlamento quello che è successo". PDL - Pronta la replica del Pdl: "Se, e ripeto 'se', la storia raccontata dai superstiti, accolti e soccorsi oggi a Lampedusa, è vera, ci troviamo di fronte a una vicenda che non può non suscitare grande dolore", dice Isabella Bertolini. "Questo episodio, però - aggiunge- non può consentire alcuna speculazione da parte dell'opposizione. Tentare di far passare il concetto che naufraghi siano stati volutamente lasciati al loro destino da parte delle forze adibite ai pattugliamenti è inaccettabile". Bertolini conclude: "Mi auguro che sia appurata la verità quanto prima e che la lotta politica non arrivi a coinvolgere gli uomini e le donne che, con abnegazione, controllano i nostri mari. Sarebbe una speculazione che deve essere respinta fermamente". INCHIESTA - La Procura di Agrigento ha aperto un'inchiesta sulla presunta tragedia. Lo conferma ad Apcom il procuratore Renato Di Natale. "Di 73 morti durante la traversata - dice Di Natale - ha parlato uno solo dei 5 eritrei soccorsi a Lampedusa. Stiamo facendo accertamenti e stanno sentendo, con l'ausilio di un traduttore, gli altri quattro che non sono in buone condizioni di salute". SBARCHI - Intanto proseguono gli sbarchi a Lampedusa: un barcone con una quarantina di migranti a bordo è stato intercettato dalle motovedette della Capitaneria di porto e circa un miglio e mezzo dall'isola: si tratta di 45 uomini, in buone condizioni di salute. Nel pomeriggio cinque tunisini, riusciti ad approdare a Cala Croce con una piccola barca in vetroresina, sono stati bloccati a terra dai carabinieri.
20 agosto 2009(ultima modifica: 21 agosto 2009)
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REPUBBLICA per l'articolo completo vai al sito Internet http://www.repubblica.it/2009-08-26 La Padania accusa la Chiesa: "Ingerenze nelle faccende di uno Stato laico" e Famiglia cristiana critica Renzo Bossi per il gioco 'Rimbalza il clandestino' La Lega attacca ancora il Vaticano "Stop accuse o revisione dei Patti" Il ministro Frattini: "Escludo che il Carroccio voglia fare annegare i migranti" Il Guardasigilli: "Il sovraffollamento delle carceri dovuto agli stranieri" La Lega attacca ancora il Vaticano "Stop accuse o revisione dei Patti" Umberto Bossi ROMA - Basta accuse al Carroccio da Oltretevere, altrimenti tornano in discussione i Trattati lateranensi che regolano, per costituzione, i rapporti fra Italia e Vaticano. Il monito leghista alla Santa Sede, ultimo di una serie di scontri sempre più duri tra la Lega e la Chiesa giunge - alla vigilia dell'incontro all'Aquila fra il premier Silvio Berlusconi e il cardinal Tarcisio Bertone - dalle colonne della Padania, quotidiano del partito di Umberto Bossi, che non è solo il segretario dei Lumbard ma anche il ministro in carica delle Riforme. L'articolo della Padania, in prima pagina, dal titolo "Strane ingerenze ideologiche in uno stato laico", definisce le parole di ieri di monsignor Vegliò all'indirizzo del ministro leghista Calderoli come "l'ultimo episodio di una lunga serie di ingerenze ideologiche e squisitamente politiche da parte di uomini delle gerarchie ecclesiastiche nelle faccende di uno Stato che, fino a prova contraria, è laico". Ed elenca tutti gli interventi di prelati e porporati contro le politiche, soprattutto in tema di sicurezza e immigrazione, degli attuali ministri leghisti. "I confini e le sfere di ingerenza reciproca fra Stato e Chiesa - si legge ancora dopo il riassunto del contenuto dei Patti lateranensi come attualmente disciplinati e in vigore - sono precisi. Ed è anche vero che la Chiesa rappresenta uno dei cosiddetti 'poteri forti'. Tuttavia se i rapporti fra lo Stato e la Chiesa andranno avanti lungo questa deriva, ossia le gerarchie ecclesiastiche proseguiranno in questa politica marcatamente interventista nei confronti delle decisioni e degli orientamenti della politica e delle istituzioni al di là di ogni ragionevole confine di neutralità delle rispettive sfere di intervento - avverte l'articolo a firma Stefano B. Galli - bisognerà inserire nell'agenda delle riforme anche una revisione di Concordato e Patti lateranensi. Non ci pare il caso". Frattini difende la Lega. Il ministro degli Esteri, nel corso di un'intervista al programma Faccia a Faccia su Radio3, ha avvertito che "la vita umana viene sopra di ogni altra cosa" e che "nessuno si può sottrarre al salvataggio" dei migranti. "Credo che questa sia anche l'opinione di Calderoli e della Lega", ha sottolineato Franco Frattini, "escludo che la Lega voglia fare annegare" i migranti. "Dire che la vita umana non debba essere salvata è un'aberrazione", ha aggiunto. Il titolare della Farnesina ha inoltre ricordato come l'Italia sia "il Paese che ha salvato di gran lunga più vite umane nel Mediterraneo e continuerà a esserlo". Famiglia Cristiana contro Bossi jr. Famiglia cristiana critica duramente il gioco ideato da Renzo Bossi, figlio del leader della Lega, 'Rimbalza il clandestino', su Facebook. "Fresco dell'agognato diploma (preso al quarto tentativo) Renzo Bossi, primogenito di Umberto - scrive ironicamente il settimanale dei paolini In un box intitolato 'L'angolo di brontolo' - si è subito applicato ideando l'agghiacciante videogame 'rimbalza il clandestino'. Vince chi respinge con un clic più barconi di naufraghi. Il pargoletto muove i primi passi nella politica. Non è meraviglioso?". Alfano: "Carceri piene per gli immigrati". Parlando con i giornalisti poco prima di intervenire sul palco del Meeting di Rimini, il ministro della Giustizia, Angelino Alfano, ha affrontato anche il tema caldo del sovraffollamento delle carceri spiegando che le ragioni sono dovute sostanzialmente alla presenza dei detenuti stranieri: "Ci sono oltre 63 mila detenuti. E oltre 20 mila sono stranieri. Il che vuol dire che le carceri italiane sono idonee ad ospitare i detenuti italiani. Con l'aggiungersi degli stranieri agli italiani si supera la capienza regolamentare, ma anche quella tollerabile". Da qui l'appello del Guardasigilli all'Europa: "La Ue deve o farsi promotrice di trattati oppure dare risorse economche agli stati più interessati dal problema per costruire nuove carceri". (26 agosto 2009)
2009-08-25 Cinquantasette eritrei intercettati da Malta e soccorsi dalla Guardia di finanza Anche i cinque superstiti dell'ultima tragedia erano stati avvicinati da una motovedetta dell'isola Stato Gommone sbarca a Lampedusa "a bordo salvagenti maltesi" I militari della Valletta hanno scortato i migranti fino alle acque italiane filmando le operazioni Franceschini: "Le norme ostacolano gli aiuti. Inseriamo il risarcimento dei danni ai pescatori" Gommone sbarca a Lampedusa "a bordo salvagenti maltesi" ROMA - Un gommone con 57 migranti eritrei è stato soccorso all'alba in acque di competenza maltese e scortato da una motovedetta della Valletta fino al confine con l'area italiana dov'è stato affidato alla nostra Guardia di Finanza. A bordo ritrovati anche alcuni salvagenti in uso alla Marina dell'isola Stato. L'operazione presenta numerose analogie con la vicenda dei cinque eritrei, unici sopravvissuti di un gruppo di 78 persone, rimasti alla deriva nel Mediterraneo per 23 giorni. Anche in questo caso, infatti, sono state le autorità maltesi a segnalare il gommone, che è stato "scortato" fino al limite della acque territoriali italiane. Il tutto sotto stretta sorveglianza: i militari maltesi hanno ripreso i colleghi italiani con una videocamera e viceversa anche la presenza dell'unità della Valletta è stata documentata dalla Guardia di Finanza. A bordo, inoltre, gli investigatori hanno trovato alcuni giubbotti di salvataggio in uso alla Marina militare maltese. Il portavoce delle Forze Armate dell'isola Stato, Ivan Consiglio, non ha voluto rilasciare fino ad ora alcuna dichiarazione circa il ruolo dei maltesi in questa operazione. Anche in occasione dell'intervento di giovedì scorso le Fiamme gialle avevano trovato sul gommone dei cinque eritrei alcuni salvagente consegnati ai naufraghi da una motovedetta maltese, che li aveva pure riforniti di carburante. Lo ha accertato la Procura di Agrigento che sta indagando sull'ultima tragedia dell'immigrazione avvenuta nel Mediterraneo. Il pm Santo Fornasier, che conduce l'inchiesta coordinata dal Procuratore Renato Di Natale, ha già interrogato tre dei cinque superstiti, che hanno ribadito la loro versione circa il mancato soccorso da parte dei maltesi. Nel corso della traversata altri 73 immigrati sarebbero morti di stenti. I magistrati stanno cercando di ricostruire anche i dettagli dell'operazione. Il primo avvistamento del gommone alla deriva, da parte di un aereo lussemburghese impegnato nell'operazione Frontex, risalirebbe al 18 agosto scorso. Ma già ai primi di agosto alcuni eritrei avevano segnalato a Malta di non avere più notizie di un gommone salpato dalla Libia con una ottantina di loro connazionali. La polemica sulle operazioni di soccorso e sulle responsabilità dell'Italia, di Malta e dell'Unione Europea viene rilanciata oggi dal segretario del Pd Dario Franceschini dopo una visita all'ospedale di Palermo dove sono ricoverati due dei cinque sopravvissuti all'ultima tragedia del mare. "E' patetico vedere questa sorta di scaricabarile di questi giorni per cui si cerca di coprire le proprie responsabilità scaricandole sull'Unione Europea, mentre non si ascolta l'Ue quando chiede che il Governo italiano rispetti il diritto internazionale e le norme che prevedono il diritto d'asilo". Contestando la politica del respingimento, Franceschini ha detto che "le norme vigenti ostacolano il soccorso dei clandestini" e ha poi proposto l'introduzione nel nostro ordinamento di una norma che prevede "il totale risarcimento per i danni, anche commerciali, subiti dai pescherecci per le operazioni di soccorso in mare degli immigrati". (25 agosto 2009)
Uno dei portavoce di Bruxelles replica alle parole del nostro ministro degli Esteri che aveva denunciato l'assenza dell'Europa di fronte al problema dei clandestini Immigrati, la Ue risponde a Frattini "Sull'emergenza stiamo facendo molto" "La fermezza, la solidarietà e la responsabilità condivisa sono essenziali in un approccio globale" Saranno indagati per immigrazione clandestina i cinque sopravvissuti eritrei Immigrati, la Ue risponde a Frattini "Sull'emergenza stiamo facendo molto" Jacques Barrot ROMA - "La Commissione Europea e i Paesi dell'Ue fanno il loro meglio" per rispondere all'emergenza degli sbarchi clandestini alle frontiere meridionali del vecchio continente. Lo ha detto Dennis Abbott, uno dei portavoce della commissione Ue, rispondendo a una domanda sulla posizione espressa ieri dal ministro degli Esteri italiani. Franco Frattini aveva denunciato l'assenza dell'Europa di fronte al problema dell'immigrazione clandestina. Il portavoce di Bruxelles ha sottolineato che la commissione sta lavorando molto con gli stati Ue e con i Paesi vicini e che il suo vicepresidente, Jacques Barrot, nei mesi scorsi si è recato a Lampedusa, a Malta, nelle Canarie, in Grecia e si appresta a visitare in autunno la Turchia e la Libia. La questione, ha indicato il portavoce, è quella di mettere in piedi strumenti finanziari, politici e diplomatici, "per fermare le tragedie che abbiamo visto la scorsa settimana". Abbott ha ricordato che la questione immigrazione è stata discussa recentemente da Barrot con il ministro dell'Interno, Roberto Marroni, e che il vicepresidente della commissione Ue ha detto già in varie occasioni che è necessario trovare una maniera "per meglio dividere il peso a livello europeo" dell'arrivo degli immigrati clandestini. Il portavoce ha anche segnalato la necessità di dare seguito alle conclusioni del Consiglio europeo di giugno nelle quali si afferma "chiaramente" che "la fermezza, la solidarietà e la responsabilità condivisa sono essenziali in un approccio globale" nei confronti dell'immigrazione. Ieri Frattini, a margine del Meeting di Cl a Rimini, aveva difeso l'operato del governo, sottolineando come dall'Unione europea arrivino solo parole, ma non fatti. "L'immigrazione è un problema europeo non può essere lasciato ai soli Paesi che sono alle porte d'Europa - aveva detto - ma la Ue per ora si è limitata a degli impegni senza alcuna risposta concreta". Torna sulla polemica anche Maurizio Gasparri, presidente del gruppo del Popolo della Libertà al Senato: "E' giusto approfondire cosa sia accaduto nelle acque del Mediterraneo - dice Gasparri - ma è chiaro che la tragedia degli eritrei non è avvenuta in acque italiane o sottoposte al nostro controllo. Basta quindi a speculazioni di ogni tipo e di chiunque. Dobbiamo esigere più serietà dall'Unione europea, vergognosamente latitante. Non è un problema italiano. Ma della comunità internazionale. L'Italia fa molto per il soccorso, ma manterrà leggi chiare e severe contro i clandestini". "I criminali - conclude l'esponente del Pdl - che organizzano viaggi di morte vanno stroncati". Prosegue, intanto, l'inchiesta della Procura di Agrigento per fare luce sulla vicenda dei cinque immigrati, soccorsi giovedì scorso al largo di Lampedusa, che hanno raccontato di essere sopravvissuti all'ennesima tragedia del mare. I cinque extracomunitari di nazionalità eritrea, come già era stato anticipato nei giorni scorsi, saranno iscritti nel registro degli indagati per il reato di immigrazione clandestina. Si tratta di un atto dovuto, ha reso noto il procuratore di Agrigento, Renato Di Natale, in attesa di verificare se i cinque eritrei salvati abbiano il diritto allo status di rifugiato politico. (24 agosto 2009)
Immigrati, l'iniziativa dopo le dichiarazioni di alcune Fiamme gialle a Repubblica Il procuratore: dobbiamo verificare se ci sono state irregolarità Sui respingimenti indiscriminati parte un'inchiesta ad Agrigento dal nostro inviato FRANCESCO VIVIANO Sui respingimenti indiscriminati parte un'inchiesta ad Agrigento Un barcone carico di immigrati LAMPEDUSA - La Procura della Repubblica di Agrigento avvierà un'inchiesta sui respingimenti indiscriminati compiuti in questi ultimi mesi dalla Guardia di Finanza, che ha soccorso in mare e trasferito in Libia oltre un migliaio di extracomunitari. Dopo le dichiarazioni rese ieri da alcuni militari delle Fiamme Gialle a Repubblica, che hanno confermato di avere riportato in Libia extracomunitari senza accertare la loro identità e nazionalità, e quindi senza stabilire se potevano ottenere lo status di rifugiati politici o di richiedenti asilo, la Procura vuole vederci chiaro. "Abbiamo appreso dai giornali di questi respingimenti sommari - afferma il procuratore di Agrigento, Renato Di Natale - dovremo verificare se sono state compiute irregolarità. La materia è complessa e dovremo anche accertare dove e quando siano state effettuate queste operazioni". La Procura acquisirà quindi i rapporti "top secret" della Guardia di Finanza sui respingimenti, 14 in tutto, 11 dei quali compiuti in acque maltesi (perché Malta non vedeva e non segnalava e perché l'Italia fa di tutto per non farli arrivare a Lampedusa). Bisognerà stabilire insomma se queste operazioni sono state compiute in zone di mare di competenza della Procura di Agrigento oppure in acque internazionali. In quest'ultimo caso, considerato che quando gli extracomunitari vengono soccorsi e trasbordati sui pattugliatori della Finanza entrano formalmente in territorio italiano, l'inchiesta dovrebbe essere trasferita da Agrigento alla Procura della Repubblica di Roma. Secondo le norme vigenti gli exracomunitari bloccati in mare o che arrivano sul territorio italiano, dovrebbero essere identificati negli ormai noti Cie (Centri di identificazione ed espulsione) per accertare, attraverso gli operatori Onu, se hanno diritto di chiedere asilo politico perché provenienti da Paesi in guerra. Una procedura che, con l'accordo bilaterale raggiunto a maggio tra la Libia e l'Italia, è stata totalmente ignorata e che ha provocato le denunce, ignorate anch'esse, delle organizzazioni umanitarie dell'Onu presenti nei centri di accoglienza. Ed i cinque sopravvissuti all'ultima strage nel Canale di Sicilia, dove sono morti 73 extracomunitari a bordo di un gommone partito dalla Libia (segnalato solo all'ultimo momento dalle autorità maltesi a quelle italiane), otterranno sicuramente lo status di rifugiati politici. "Provengono dall'Eritrea e dalla Somalia dove, come è noto - afferma un funzionario Onu - ci sono guerre e conflitti etnici, politici e religiosi e quindi otterranno certamente lo status di rifugiati politici e di richiedenti asilo". E tutti gli altri che in questi mesi sono stati "respinti" dalla Guardia di Finanza senza stabilire chi erano e da dove venivano? "E' stato compiuto un reato ed era ora che qualcuno aprisse un'inchiesta per capire - aggiunge l'operatore Onu - se sono state compiute delle irregolarità. La legge parla chiaro: bisogna accertare l'identità e la nazionalità di questi extracomunitari e soltanto dopo potrebbero essere rispediti indietro se non provengono da paesi africani a rischio". Intanto due dei cinque sopravvissuti all'ultima tragedia del mare sono stati trasferiti da Lampedusa all'ospedale Cervello di Palermo perché le loro condizioni sono preoccupanti. Si tratta di una donna ed un uomo molto disidratati. Gli altri tre, tra i quali due minorenni, sono stati trasferiti a Porto Empedocle ed ospitati in un centro di accoglienza ed in una comunità per minori. Anche ieri aerei ed imbarcazioni militari hanno perlustrato il tratto di mare vicino Lampedusa alla ricerca di eventuali cadaveri, otto dei quali sono stati recuperati nei giorni scorsi. L'ultimo, con la testa mozzata, è stato trovato l'altro ieri a poche centinaia di metri dalle coste di Linosa. L'inchiesta dovrà accertare se facevano parte del gruppo dei 78 extracomunitari partiti dalla Libia il 29 luglio scorso e verificare la versione dei maltesi che hanno sostenuto di avere incrociato quei cinque sopravvissuti ("che scoppiavano di salute"), vicini alla zona di mare di Lampedusa. Ma, dice il procuratore Di Natale, "la ricostruzione dei fatti proposta dalle autorità maltesi non sembra essere veritiera". (24 agosto 2009)
Immigrati, il capo dello Stato telefona al ministro dell'Interno e chiede di essere informato sulla tragedia degli eritrei Napolitano chiede a Maroni chiarezza sulla strage Frattini attacca la Ue. la replica: "Serve tempo" dal nostro inviato MARCO MAROZZI Napolitano chiede a Maroni chiarezza sulla strage Franco Frattini RIMINI - Il ministro Frattini fra gli stand di Comunione e Liberazione accusa Malta e l'Unione europea. Il suo collega Maroni dal Viminale telefona a Giorgio Napolitano e ne riceve un preciso richiamo: il presidente della Repubblica chiede al ministro dell'Interno di essere informato sulla nuova strage in Mediterraneo, capire cosa è successo e come si indaga e procede adesso. Insomma, il Quirinale vuole chiarezza. L'Avvenire, quotidiano dei vescovi, intanto condanna le "ipocrisie di una politica che usa gli odierni boat people per battaglie di basso profilo". E al Meeting di Cl oggi il ministro leghista Roberto Calderoli si troverà di fronte una platea irritata e con le antenne alzate per l'attacco di Umberto Bossi alla Chiesa. La tragedia degli eritrei spinge il governo ad attaccare l'Europa e insieme irrompe nei rapporti con il mondo cattolico. Era dedicato all'Africa, il primo giorno della kermesse ciellina di Rimini: il grande continente oltre ai drammi antichi ha scagliato sul tavolo l'ultimo massacro nel Mediterreneo. Con una battuta che compendia il tutto. "Sono solo noccioline", "Just peanuts" così Railla Amongo Odilla, premier del Kenia, ha definito i 20 miliardi di dollari in tre anni destinati dal G8 all'agricoltura dell'Africa. Aiuti dei ricchi contro la fame dei poveri. A fianco del leader africano, Franco Frattini criticava la Ue ed accusava Malta di voler controllare un tratto di Mediterraneo troppo grande, 250 mila chilometri quadrati. "Quasi quanto l'intero territorio italiano". "E' indispensabile l'accordo per restringere questo spazio. - attaccava il ministro degli Esteri - Il negoziato dura da dieci anni. Ma La Valletta dice no e per negoziare bisogna essere in due". "L'immigrazione è un problema europeo. - allargava le accuse Frattini - Non può essere lasciato ai soli Paesi che sono alle porte d'Europa. Ma la Ue malgrado gli impegni non ha ancora data alcuna risposta concreta. I rifugiati devono trovare alloggio e sostentamento in tutte le nazioni secondo una distribuzione proporzionale. Certamente l'Italia non è in grado di tenere le diecimila persone che arrivano a Lampedusa". L'Italia è sola, è la tesi del governo. Ma dall'Unione europea non arrivano le risposte desiderate. Almeno nei tempi. Carl Bidlt, ministro degli Esteri svedese, presidente di turno dell'Ue, spiega che bisognerà attendere "la fine di ottobre per avere una prima proposta dell'Unione Europea". Secondo il ministro svedese si aspetta "una proposta della Commissione che sarà discussa nel Consiglio dei ministri degli Esteri dell'Ue a fine ottobre". Un "primo passo" dice Bildt, convinto però che "un problema così grande non si risolve in una sola riunione". Ma sull'atteggiamento del governo la Chiesa mostra di essere guardinga. "I fatti parlano da soli. Bisogna vigilare che il provvedimento sull'immigrazione non discrimini povere persone" dice monsignor Francesco Lambiasi, il vescovo di Rimini che ieri ha celebrato la messa per diecimila ciellini. "E che noi stiamo con i vescovi non mi pare una grande scoperta" ride Emilia Guarnieri, responsabile del Meeting. Il sarcasmo di Bossi verso la Chiesa ha fatto arrabbiare molti. Persino Mario Mauro, ciellino doc e n.1 degli eurodeputati del Pdl: "Sono mesi che dice cose senza senso. Ovvio che della vita delle persone e dei loro diritti bisogna farsi carico, specie davanti alla profonda miopia della Ue". Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera, altro CL e Pdl, sposta il tiro lontano dal capo leghista: "Le parole dei vescovi suonano come un richiamo alle Nazioni ed alla Ue ad assumersi le proprie responsabilità in materia". Stesso atteggiamento del ministro Mara Carfagna: "Non parlerei di polemica. Il governo rende omaggio alla tradizione italiana di accoglienza". L'Avvenire però ha avvisato tutti. "Fermezza", "oculatezza... non possono mai spingerci a ridurre queste persone, vulnerabili e sofferenti, a strumenti e alibi". Editoriale di Davide Rondoni, scrittore, ciellino, stamane al Meeting. (24 agosto 2009)
Quei morti che gridano dal fondo del mare di EUGENIO SCALFARI È SINGOLARE (non trovo altro aggettivo) il comportamento della stampa nazionale sulla strage dei 73 migranti uccisi dal mare tra Malta e Lampedusa. Il primo giorno, con notizie ancora incerte, tutti hanno aperto su quell'avvenimento: il numero delle vittime, la storia raccontata dai cinque sopravvissuti, i dubbi del ministro Maroni sulla loro attendibilità, le responsabilità della Marina maltese, i primi commenti ispirati al "chissenefrega" di Bossi e di Calderoli. Ma dal secondo giorno in poi i nostri giornali hanno voltato la testa dall'altra parte. Le notizie nel frattempo sopraggiunte sono state date nelle pagine interne. Uno solo, il "Corriere della Sera", ha tenuto ancora quella strage in testata di prima pagina ma senza alcun commento. Il notiziario all'interno tende a riposizionare i fatti entro lo schema della responsabilità maltese. Il resto è silenzio o quasi. Fa eccezione "Repubblica" ma il nostro, com'è noto, è un giornale sovversivo e deviazionista e quindi non può far testo. Comincio da qui e non sembri una stravaganza. Comincio da qui perché la timidezza, la prudenza, il dire e non dire dei grandi giornali nazionali sono lo specchio d'una profonda indifferenza dello spirito pubblico, ormai ripiegato sul tirare a campare del giorno per giorno, senza memoria del passato né prospettiva di futuro, rintronato da televisioni che sfornano a getto continuo trasmissioni insensate e da giornali che debbono ogni giorno farsi perdonare peccati di coraggio talmente veniali che qualunque confessore li manderebbe assolti senza neppure imporre un "Pater noster" come penalità minimale. Perfino il durissimo attacco della Chiesa e della stampa diocesana, che su altri temi avrebbe avuto ampia risonanza, è stato registrato per dovere d'ufficio. Bossi, che ha orecchie attentissime a queste questioni, si è addirittura permesso di mandare il Vaticano a quel paese, definendo insensate le parole dei vescovi sulla strage del mare e invitando il papa a prendere gli immigrati in casa sua perché "noi qui non li vogliamo". Alla vergogna c'è un limite. Noi l'abbiamo varcato da un pezzo nella generale apatia e afasia. * * * Ci sono varie responsabilità in quanto è accaduto nel barcone dei 78 eritrei, per venti giorni alla deriva in uno specchio di mare popolatissimo di motovedette, aerei, elicotteri, pescherecci delle più diverse nazionalità, italiani, maltesi, ciprioti, egiziani, tunisini e libici. Responsabilità specifiche e responsabilità più generali. La prima responsabilità specifica riguarda il mancato avvistamento da parte della nostra Marina e della nostra Aviazione. Venti giorni, un barcone di quindici metri con 78 persone a bordo, sballottato dai venti tra Malta e Lampedusa, un braccio di mare poco più ampio di quello percorso da una normale regata di vela. I ministri Maroni e La Russa dovrebbero fornire al Parlamento e alla pubblica opinione l'elenco dei voli e dei pattugliamenti da noi effettuati in quello spazio e in quei giorni. Il ministro dell'Interno finora si è limitato a chiedere un rapporto sull'accaduto al prefetto di Agrigento. Che c'entra il prefetto di Agrigento? Il responsabile politico dei respingimenti in mare è il ministro dell'Interno che si vale della guardia costiera, delle capitanerie di porto e delle forze armate messe a disposizione dalla Difesa. Maroni e La Russa debbono rispondere, non il prefetto di Agrigento. La seconda responsabilità specifica riguarda il pattugliamento italo-libico sulle coste della Libia. Sbandierato ai quattro venti come un grande successo diplomatico, viaggi del premier in Libia, abbracci e baci sulle guance tra Berlusconi e Gheddafi, promesse di denaro sonante e investimenti al dittatore-colonnello, viaggio del medesimo con relativa tenda a Villa Pamphili, scortesie a ripetizione, sempre del medesimo, nei confronti di quasi tutte le autorità istituzionali italiane; secondo viaggio del colonnello e seconda tenda al G8 dell'Aquila, dichiarazioni del ministro degli Esteri, Frattini, per sottolineare l'importanza dell'asse politico Roma-Tripoli. Risultati zero. Riforma dei centri di accoglienza libici sotto controllo italiano, zero. Quei centri sono un inferno dove i migranti provenienti dall'Africa sahariana e dal Corno d'Africa sono ridotti per mesi in schiavitù e sottoposti alle più infami vessazioni fino a quando alcuni di loro vengono affidati ai mercanti del trasporto e imbarcati per il loro destino. Le vittime in fondo a quel tratto di Mediterraneo non si contano più. In quei centri, tra l'altro, le autorità italiane dovrebbero individuare quegli immigranti che hanno titolo per essere trattati come rifugiati politici. Queste verifiche non sono avvenute. I migranti eritrei in particolare dovrebbero poter godere di uno "status" particolare come ex colonia italiana, ma nessuno se ne è occupato (e meno che mai, ovviamente, il prefetto di Agrigento). In compenso le motovedette italiane dal primo giugno ad oggi hanno intercettato un elevato numero di barconi e li hanno respinti nel girone infernale dei centri di accoglienza libici, il che significa che le partenze dalla coste cirenaiche continuano ad avvenire in barba a tutti gli accordi. Questo stato di cose è intollerabile. Frutto di una legge perversa e d'un reato di clandestinità che ha addirittura ispirato un gioco di società inventato dal figlio di Bossi e brevettato con il titolo "Rimbalza il clandestino". Mancano le parole per definire queste infamità. * * * Ma esistono altresì responsabilità generali, al di là del caso specifico. Le ha elencate con estrema chiarezza il proprietario di un peschereccio di Mazara del Vallo da noi intervistato ieri. Perché i pescherecci che avvistano barche di migranti in difficoltà non intervengono? Risposta: se sono in difficoltà superabili, intervengono, forniscono viveri acqua e coperte, indicano la rotta. Se sono in difficoltà gravi, li segnalano alle autorità italiane. Segnalano sempre? Risposta: non sempre. Perché non sempre? Risposta: se imbarchiamo i migranti sui nostri pescherecci rischiamo di perdere giorni e settimane di lavoro. Noi siamo in mare per pescare. Con gli immigrati a bordo il lavoro è impossibile. Non siete risarciti dallo Stato? Risposta: no, per il mancato nostro lavoro non siamo risarciti. Ci sono altre ragioni che vi scoraggiano? Risposta: chi prende a bordo clandestini e li porta a terra rischia di essere processato per favoreggiamento al reato di clandestinità. Temono di esserlo, perciò molti chiudono gli occhi e evitano di immischiarsi. Se li portate a Malta che succede? Risposta: peggio ancora, ci sequestrano la barca per mesi e ci tolgono l'autorizzazione a pescare nelle loro acque. Questi sono i risultati di una legge sciagurata, salutata non solo dalla Lega ma dall'intero centrodestra come un successo, una guerra vittoriosa contro le invasioni barbariche. Questa legge dovrebbe essere abrogata perché indegna di un paese civile. Nel frattempo gli immigrati entrano a frotte dai valichi dell'Est. Non arrivano per mare ma in pullman, in automobile, in aereo, in ferrovia e anche a piedi. Alimentano il lavoro regolare e quello nero in tutta la Padania e non soltanto. I famigerati rom e i famigerati romeni vengono via terra e non via mare. La vostra legge non solo è indecente ma è contemporaneamente un colabrodo. * * * Alcuni si domandano i motivi del silenzio di Berlusconi su questo delicatissimo tema. La ragione è chiara e l'ha fornita l'onorevole Verdini, uno dei tre coordinatori del Pdl insieme a La Russa e Bondi e quello che meglio di tutti conosce la natura del capo del governo essendo stato con lui e con Dell'Utri uno dei tre fondatori di Forza Italia nell'ormai lontano 1994. Di che cosa vi stupite, ha scritto Verdini in una sua lettera al "Corriere della Sera" di pochi giorni fa ribattendo alcune domande di Sergio Romano nel suo fondo domenicale. Di che cosa vi stupite? Silvio Berlusconi, con almeno una parte di sé, è un leghista né più né meno di Bossi e quando nel '93 decise di impegnarsi in politica pensò, prima di decidersi a fondare un nuovo partito, di guidare con Bossi la Lega. Poi scelse di fondare un partito nazionale del quale il nordismo leghista sarebbe stato il pilastro più rilevante. Così Verdini, il quale in quella lettera rivendica il merito d'aver convinto il premier all'opportunità di dar vita a Forza Italia. Non si poteva dir meglio. C'è da aggiungere che il peso della Lega è ultimamente aumentato in proporzione diretta alla minor forza politica del premier. La Lega ha oggi una forza di ricatto politico che prima non aveva e la sta esercitando in tutte le direzioni non senza alcuni contraccolpi sulle strutture e sulle alleanze all'interno del Pdl. Uno dei temi di dibattito di queste ultime settimane è stato il collante che spiega nonostante tutto la persistenza del potere berlusconiano e la sua eventuale capacità di sopravvivere ad un possibile ritiro di Berlusconi dalla gestione diretta di quel potere. Tra le varie spiegazioni è mancata quella a mio avviso decisiva. Il collante del berlusconismo consiste nell'appello continuamente ripetuto e aggiornato agli istinti più scadenti che rappresentano una delle costanti della nostra storia di nazione senza Stato e di Stato senza nazione. Una classe dirigente dovrebbe rappresentare ed evocare gli istinti più nobili di un popolo, educandolo con l'esempio, spronandolo ad una visione alta del bene comune. Un compito difficile che alcune figure della nostra storia esercitarono con passione, tenacia e abilità politica. È più facile evocare gli "spiriti animali" e questo è avvenuto frequentemente nelle vicende del nostro paese a cominciare dal "O Franza o Spagna purché se magna" e alle sue più recenti e non meno abiette manifestazioni. Giorni fa, rispondendo nel suo giornale alla lettera di un giovane leghista a disagio ma privo di alternative alla sua visione nordista, Galli Della Loggia spiegava al suo interlocutore quale fosse l'errore in cui era incappato: una falsa prospettiva storica, un falso revisionismo che ha messo in circolazione una falsa e deteriore immagine del nostro Risorgimento. Ho riletto un paio di volte l'articolo di Della Loggia perché non credevo ai miei occhi. Il revisionismo da lui lamentato come deformazione della nostra storia unitaria è nato negli ultimi quindici anni proprio sulle pagine del suo giornale e lo stesso Della Loggia ne è stato uno dei più autorevoli esponenti. Meglio tardi che mai. Purtroppo di vitelli grassi da sacrificare per il ritorno del figliol prodigo oggi c'è grande scarsità. Il solo vitello grasso in circolazione è lo scudo fiscale preparato da Tremonti, che però non riguarda la questione dell'Unità d'Italia e del revisionismo politico. Festeggia soltanto gli evasori fiscali. Anche questa è una (pessima) costante nella storia di questo paese. (23 agosto 2009)
Il leader della Lega critica il Vaticano. Pronta la replica di monsignor Vegliò: "Le società sviluppate rispettino i diritti degli immigrati e non si chiudano all'egoismo" Migranti, scontro tra Bossi e i vescovi "Sono parole con poco senso" Grazie alle politiche del governo, secondo il senatur, gli stranieri "partono molto meno di prima" Franceschini: "Non ci sono più dubbi, la linea della Lega è la linea di tutto il Governo" Migranti, scontro tra Bossi e i vescovi "Sono parole con poco senso" CALALZO - "Sono parole con poco senso". "Che le porte le apra il Vaticano che ha il reato di immigrazione, che dia lui il buon esempio". Così il leader del Carroccio Umberto Bossi, da Calalzo di Cadore dov'è in vacanza, commenta la posizione dei vescovi sull'immigrazione dopo il recupero, due giorni fa, di cinque eritrei nel Canale di Sicilia. I profughi avevano denunciato di aver perso 73 compagni durante il viaggio. Ma il Vaticano non retrocede sulla propria denuncia e oggi ribadisce la richiesta di "rispettare i diritti dei migranti". Il presidente del Pontificio consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, monsignor Antonio Maria Vegliò, in una intervista a Radio Vaticana sottolinea che il Vaticano è "addolorato" per "il continuo ripetersi" delle morti in mare e chiede alle società sviluppate di "rispettare sempre i diritti dei migranti" e di non "chiudersi all'egoismo". "E' legittimo il diritto degli Stati a gestire e regolare le migrazioni. C'è tuttavia un diritto umano ad essere accolti e soccorsi. Ciò - aggiunge monsignor Vegliò - si accentua in situazioni di estrema necessità, come per esempio l'essere in balia delle onde del mare". A Bossi risponde anche monsignor Domenico Mogavero, vescovo di Mazara del Vallo: "Le sue sparate a salve - che ormai non fanno più storia perchè ci ha abituato - sono solo per i suoi seguaci e non per chi come noi vuole risolvere la situazione e sono talmente gravi al pari dei fatti incresciosi avvenuti al largo del Mediterraneo. Vorrei sapere da quali fonti di informazione Bossi deduca che il Vaticano abbia il reato di immigrazione. Sono parole del tutto gratuite". La speranza del vescovo siciliano è che "questo fronte fittiziamente compatto della maggioranza, cominci a incrinarsi. C'è qualche buon segnale da Fini. Mi auguro che prevalga non la propaganda ma la solidarietà". Contro Bossi si schiera anche il responsabile immigrazione della Caritas italiana, Oliviero Forti: "Se si soffia su fuoco dell'incomprensione e dell'intolleranza si fa il gioco populista che non aiuta nessuno", e gli "atti di razzismo e di intolleranza aumentano". Ma il senatur continua per la sua strada, contestando ai vescovi in particolare l'accostamento della Shoah alle stragi di immigrati che cercano di raggiungere le coste italiane. Parlando con i giornalisti, afferma di non credere all'ipotesi di omissione di soccorso degli eritrei dispersi in mare. "Non ci credo, non li avranno visti. La nostra marina ha l'obbligo di andare in soccorso", ha detto. E difende a oltranza la politica del Governo: grazie alle nuove leggi, secondo il leader del Carroccio, "partono molto meno di prima". E quindi "bisogna riuscire a fermarli alla partenza se no si prosegue con l'avere un sacco di morti". Per Bossi, infatti, c'è il rischio per troppa gente di mettere a repentaglio "la propria vita per niente perché quando arrivano qui non trovano posti di lavoro". Dario Franceschini, segretario del Partito democratico, prende parola per precisare come "la linea di Bossi e della Lega sull'immigrazione" sia ormai "la linea di tutto il Governo". Per lui non ci sono più dubbi "non fosse altro perchè il ministro dell'Interno appartiene a quel partito". Così, conclude, "puntualmente a ogni sparata leghista seguono atti amministrativi e legislativi totalmente allineati. E' successo sulle ronde, sul reato di immigrazione clandestina, sui respingimenti e su tutto il resto". Sull'ultima tragedia del Mediterraneo interviene nuovamente l'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) che chiede sia fatta chiarezza su quanto accaduto. "Riteniamo - ha affermato la portavoce Laura Boldrini- che sia necessario far chiarezza sulle responsabilità e ci auguriamo che la magistratura proceda in questo senso. E' importante che non passi il principio dell'impunità, cioè che il Mediterraneo sia diventato una sorta di terra di nessuno". Quanto all'eventualità che i cinque sopravvissuti vengano incriminati per immigrazione clandestina, l'Unhcr ricorda che "anche in base alle nuove normative del pacchetto di sicurezza, il reato di clandestinità è sospeso per i richiedenti asilo e normalmente la quasi totalità degli eritrei che arrivano in Italia via mare fa domanda d'asilo". Invece, ha concluso Boldrini, "vista l'esperienza drammatica vissuta dai cinque eritrei sarebbe auspicabile un loro trasferimento in una struttura in cui possa essere fornita assistenza psicologica come avviene per le vittime di disastri naturali". (22 agosto 2009)
Il Viminale accusa La Valletta: "Nessun allarme per due giorni" Gli uomini della vedetta: "Scoppiavano di salute volevano andare avanti" "Intercettati dai maltesi e lasciati andare l'ultima illusione nel viaggio dell'orrore" dal nostro inviato FRANCESCO VIVIANO "Intercettati dai maltesi e lasciati andare l'ultima illusione nel viaggio dell'orrore" Gli eritrei sopravvissuti LAMPEDUSA - Versioni che si contraddicono, mezze verità, silenzi, attorno all'ultima strage del mare nel Canale di Sicilia. Quel barcone era partito il 28 luglio dalla Libia: 73 persone, eritrei ed etiopi, uomini e donne, sarebbero morti di stenti, fame, ustioni. Solo in cinque si sono salvati, veri e propri miracolati che erano stati avvistati, avvicinati e monitorati da una motovedetta della marina militare maltese. L'avvistamento risale a martedì. Due giorni dopo, giovedì, i maltesi hanno avvertito le autorità italiane, quando il gommone era a 12 miglia da Lampedusa. Che la richiesta di soccorso è stata fatta dai maltesi all'Italia soltanto giovedì mattina, lo conferma il prefetto di Agrigento, Angelo Postiglione che ha inviato una dettagliata relazione al ministro degli Interni, Roberto Maroni. Ma molto resta ancora da chiarire, perché le versioni restano piene di contraddizioni. I cinque eritrei sopravvissuti, subito dopo aver toccato terra, hanno raccontato di essere stati avvicinati dai militari che gli hanno "consigliato" di proseguire la navigazione verso Lampedusa "secondo gli obblighi internazionali di Malta", precisa un portavoce del governo maltese. Dopo essere state chiamate in causa, soltanto ieri le autorità maltesi hanno confermato di aver incrociato il gommone già martedì accusando però i cinque sopravvissuti di avere raccontato un "sacco di bugie". Secondo i maltesi, gli immigrati hanno "rifiutato" di essere trasbordati sulla loro motovedetta e godevano di "ottima salute". Ma i cinque eritrei continuano a raccontare tutta un'altra storia. "Eravamo partiti il 28 luglio scorso dalle coste libiche a bordo di quel gommone, eravamo in 78 - dice Solomon, 26 anni - e il giorno dopo il motore s'è fermato, e per oltre 20 giorni abbiamo vagato in mare". Seduto davanti ad un computer in una stanza del centro di accoglienza di Lampedusa, Solomon, invia con messenger messaggi a parenti e amici. Racconta che molte imbarcazioni, "grandi e piccole" li hanno avvistati senza soccorrerli e che i cadaveri sono stati buttati in mare. L'ultimo avvistamento, due giorni prima di arrivare a Lampedusa. "S'è avvicinata la nave militare maltese, chiedevamo aiuto sperando che ci salvassero. Invece quei soldati ci hanno dato giubbotti salvagenti, acqua ed un po' di pane. Poi hanno fatto ripartire il motore dicendoci di proseguire verso nord est, verso Lampedusa". Bugie, secondo i maltesi. Quella versione, raccontata mentre i sopravvissuti riuscivano a stento a parlare ed a camminare quando sono arrivati a Lampedusa, non sarebbe vera. "Persone in quelle condizioni, che rischiavano di morire da un momento all'altro, non possono raccontare storie" dice una psicologa del centro di accoglienza di Lampedusa. Ma i maltesi, ufficialmente, smentiscono tutto. Ecco la versione del portavoce ufficiale delle forze armate maltese, Ivan Consiglio: "Punto primo - dice - quei cinque non raccontano la verità, quel gommone era stato avvistato giorni prima, da un aereo della Missione Frontex di stanza a Malta. Sul posto abbiamo inviato un pattugliatore della nostra marina che li ha intercettati. Erano in cinque e scoppiavano di salute". E ancora: "Hanno rifiutato di essere trasferiti a bordo del nostro pattugliatore dicendo che volevano continuare la navigazione. I nostri uomini quindi sono saliti a bordo del gommone, hanno aggiustato il motore, lo hanno fatto ripartire, li hanno rifocillati dandogli anche cinque giubbotti salvagente. Sono andati via, ma non li abbiamo mai abbandonati, li abbiamo sempre "monitorati" e giovedì mattina abbiamo avvertito le autorità italiane". Una versione, quella maltese, sulla quale sta tentando di fare luce la Procura della Repubblica di Agrigento che ha aperto una inchiesta. Nel frattempo, continua il silenzio della Guardia di Finanza. Quello che si sa è che i militari della Finanza hanno intercettato il gommone (poi affondato) e soccorso i cinque superstiti, recuperato il motore ed i cinque salvagenti. Ipotesi di reato dell'inchiesta: omissione di soccorso per un intervento che, se scattato in tempo, avrebbe potuto salvare molte vite. Intanto le ricerche continuano e sono già otto i cadaveri avvistati in mare dagli aerei. (22 agosto 2009)
Dure prese di posizione dell'Avvenire, dell'Osservatore romano e di monsignor Schettino Franceschini attacca: "Scelte xenofobe e razziste". Calderoli: "La nostra fermezza è umana" Migranti morti, la Chiesa accusa: "Occhi chiusi come con la Shoah" Il Viminale precisa: "Da quel gommone mai ricevute richieste di soccorso" Malta: "Li abbiamo intercettati mercoledì, stavano bene e hanno voluto proseguire" Migranti morti, la Chiesa accusa: "Occhi chiusi come con la Shoah" Uno degli eritrei soccorsi * Multimedia * LE FOTO * AUDIO CAPITAL ROMA - "L'Occidente a occhi chiusi" non ha voluto vedere il barcone degli eritrei dispersi in mare, come durante il nazismo nessuno vedeva i convogli piombati pieni di ebrei. Duro il commento del giornale dei vescovi italiani sull'ennesima strage dei migranti. E durissime le parole di monsignor Bruno Schettino, presidente della Commissione episcopale per le migrazioni e arcivescovo di Capua: "Una grave offesa all'umanità e al senso cristiano della vita". Così come quelle dell'Osservatore romano. Il Viminale: "Nessuna richiesta di soccorso". Ed è forse anche per replicare a questi pesanti giudizi che è stata diffusa questa nota dal ministero dell'Interno: "Nessuna richiesta di soccorso, dal gommone che trasportava i cinque eritrei, è pervenuta alle autorità italiane prima di quella che ha consentito l'intervento del pattugliatore della Guardia di finanza, né l'imbarcazione è stata mai avvistata dai numerosi servizi di pattugliamento che quotidianamente si svolgono nell'area". La versione di Malta. Il portavoce delle forze armate maltesi, Ivan Consiglio, ha riferito che l'imbarcazione con i cinque eritrei è stata affiancata mercoledì sera da un pattugliatore. "Erano in buono stato di salute - ha detto - e hanno rifiutato di essere presi a bordo, volevano continuare la traversatata. Gli è stato dato del cibo, dell'acqua e dei salvagente. Poi hanno proseguito il loro viaggio monitorati, fino al confine delle acque di competenza maltese". Sempre oggi, a largo di Malta, è stato avvistato un ottavo cadavere. La Chiesa/1. In un editoriale pubblicato in prima pagina da Avvenire, Marina Corradi sostiene che c'è "almeno un equivoco in cui non è ammissibile cadere. Nessuna politica di controllo dell'immigrazione consente a una comunità internazionale di lasciare una barca carica di naufraghi al suo destino. E questa legge ordina: in mare si soccorre". E ancora: "Quando, oggi, leggiamo delle deportazioni degli ebrei sotto il nazismo ci chiediamo: certo, le popolazioni non sapevano; ma quei convogli piombati, le voci, le grida nessuno li vedeva e sentiva? Allora erano il totalitarismo e il terrore, a far chiudere gli occhi. Oggi no. Una quieta, rassegnata indifferenza, se non anche una infastidita avversione. L'Occidente a occhi chiusi". La Chiesa/2. La morte dei migranti rappresenta una "grave offesa all'umanità e al senso cristiano della vita", afferma monsignor Bruno Schettino. Si percepisce "un senso di povertà dell'umanità, non c'è attenzione verso l'altro". E l'Osservatore romano, in prima pagina, titola così: "Immigrati, il dovere del soccorso". Franceschini: "Scelte xenofobe e razziste". In una nota, il segretario Pd scrive: "Qui non è più problema di destra o di sinistra, qui siamo di fronte ad una tragedia annunciata, causata da norme immorali e ingiuste contrarie al diritto internazionale che hanno anche l'effetto pratico di ostacolare il soccorso in mare. Il governo sta facendo scelte macchiate di xenofobia e di razzismo: non si può perdere la capacità di indignarsi di fronte all'orrore. La stessa indignazione che si dovrebbe provare davanti alle pagine di Facebook della Lega, curate dal figlio di Bossi, in cui tutto questo dolore diventa un gioco intitolato 'rimbalza il clandestino'". La replica di Calderoli. "Sento critiche inaccettabili, strumentali e basate su presupposti falsi a proposito del dramma degli eritrei e allora sono obbligato a ricordare che noi, e non altri, abbiamo soccorso i superstiti e salvato vite umane". Così il ministro per la Semplificazione Roberto Calderoli. "Semmai è indegno - ha aggiunto - il comportamento tenuto da Malta. Con i suoi interventi, questo governo ha applicato una fermezza che è profondamente umana". Le indagini. Almeno uno dei cinque migranti eritrei è stato interrogato dagli investigatori delegati dalla procura di Agrigento. Da fonti giudiziarie si apprende inoltre che non c'è traccia dei salvagenti che sarebbero stati lanciati ai cinque migranti da una motovedetta come, invece, uno di loro avrebbe riferito a un operatore umanitario che li ha accolti a Lampedusa. Un particolare, questo, che coincide con la versioen fornita in serata dalle forze armate Maltesi. (21 agosto 2009)
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